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dell'impero romano cap. lix 429

queste grandi Potenze i deboli Stati marittimi e dell’Oceano e del Mediterraneo provennero. Gl’Italiani più abili ed antiveggenti, sopra legni pisani, genovesi, veneti, primi di tutti veleggiarono a Tiro: li seguirono indi i pellegrini più zelanti della Francia, della Normandia e delle isole dell’Occidente. Un navilio circa di cento legni portò a quelle spiagge i poderosi soccorsi mandati dalla Fiandra, dalla Frisia e dalla Danimarca; e i nortici guerrieri si faceano in mezzo agli spianati discernere, per l’alta statura, e per le pesanti loro azze da guerra1; nè la voce stessa di Corrado tener lontana, nè poterono le mura di Tiro capire più a lungo tanta moltitudine di guerrieri ogni giorno crescente. Deploravano la sventura, e riverivano le dignità di Lusignano che i Turchi aveano lasciato in libertà, forse mossi dalla speranza di mettere fra gli eserciti latini discordia. Avendo questi proposto l’assedio di Tolomaide, ossia Acri, che situata ad ostro di Tiro, trenta miglia ne era distante, videsi immantinente circondata la piazza da trentamila fanti, e da duemila uomini a cavallo, de’ quali venne a quanto sembra, affidato allo stesso Lusignano il comando. [A. D. 1189-1191] Non mi diffonderò intorno alla storia di questo memorabile assedio che, durato circa due anni, entro angusto spazio di terreno, tante forze di Europa e di Asia stremò. Non mai il fuoco dell’entusiasmo erasi manifestato con

  1. Northmanni et Gothi, et coeteri populi insularum, quae inter Occidentem et Septentrionem positae sunt, gentes bellicosae, corporis proceri, mortis intrepidae, bipennibus armatae navibus rotundis quae Ysnachiae dicuntur advectae.