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martirio. Ma la regina Sibilla per sè medesima e pel marito prigioniero tremava; quelli fra i baroni e cavalieri che aveano potuto sottrarsi alla morte e alle catene, conservavano, in quegli estremi, lo stesso spirito di fazione, le medesime passioni di personale interesse. Composta di Cristiani orientali la massima parte degli abitanti di Gerusalemme, gli avea l’esperienza ammaestrati a preferire al governo de’ Latini il giogo maomettano1; nè il Santo Sepolcro conducea a quelle regioni se non se ciurme di miserabili prive d’armi, come di valore, che colle carità de’ pellegrini guerrieri vivevano. Ciò nullameno vennero affrettatamente fatti alcuni apparecchi di difesa; ma l’esercito vittorioso rispinse le sortite degli assediati, e collocate le sue macchine con buon successo, e aperta una larga breccia, nel giorno decimoquarto, dodici stendardi di Maometto e del Sultano sulle mura di Gerusalemme fè sventolare. Invano la Regina, le donne2 e i frati co’ piè scalzi e processionalmente, si portarono a supplicare il figliuol di Dio, perchè volesse salvar la sua tomba dalle mani sacrileghe degl’Infedeli. Fece mestieri il ricorrere alla clemenza del vincitore, che la prima deputazione severamente ricusò, facendo noto il suo giuramento di vendicare le lunghe angosce con tanta pazienza sofferte dai Musulmani; essere trascorsa l’ora del perdono, giunto il momento di espiare il sangue innocente versato per opera di Gof-

  1. Renaudot, Hist. patr. Alex. p. 345.
  2. Il teologo risponde, che i peccati dei Crociati, già descritti dall’Autore, tolsero loro l’aiuto di Gesù Cristo, e cagionarono la loro intera rovina, estesa sopra alcuni milioni d’uomini, malgrado i meriti dell’impresa. (Nota di N. N.).