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dell'impero romano cap. lix 407

terre vinte oltre l’Eufrate scacciò1. Questo independente sovrano di Mosul e di Aleppo, le guerriere tribù del Curdistan sottomise, e i soldati di lui s’avvezzarono a riguardare il campo come lor patria, lasciando alla liberalità del principe il pensiere di compensare le fatiche de’ suoi difensori, e di proteggerne le famiglie ch’eglino abbandonavan per lui. [A. D. 1145-1174] Condottiero di tai veterani, Noraddino, figliuolo di Zenghi, riunì a poco a poco sotto di sè i possedimenti maomettani; il regno di Damasco a quel di Aleppo congiunse; e fece con buon successo una lunga guerra ai Cristiani della Sorìa. Dilatato il suo vasto Impero dalle sponde del Tigri a quelle del Nilo, gli Abbassidi ogni titolo e prerogativa regale al loro servo fedel concedettero. I Latini medesimi si videro costretti ad ammirare la saggezza, il valore, e persino la giustizia e la pietà di questo implacabile loro nemico2. Negli atti e della vita privata, e del suo governo, il

  1. Guglielmo di Tiro (l. XVI, capo 4, 5-7) racconta la presa di Edessa, e la morte di Zenghi. Il nome di Zenghi corrotto e trasformato in Sanguino somministra ai Latini materia di una goffa allusione e all’indole del medesimo, che essi fanno sanguinaria, e al suo misero fine: Fuit sanguine sanguinolentus.
  2. Noradinus (dice Guglielmo di Tiro, lib. XX, 33) maximus nominis et fidei christianae persecutor; princeps tamen justus, vafer, providus, et secundum gentis suae traditiones religiosus. Possiamo aggiungere a questa autorità di un Cattolico, quella d’un primate de’ Giacobiti (Abulfaragio, p. 267). Quo non alter erat inter reges vitae ratione magis laudabili: aut quae pluribus justitiae experimentis abundaret. Fra gli elogi fatti ai Re, i più meritevoli di fede sono quelli che questi ottengono dopo morte, e dal labbro stesso dei loro nemici.