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buoni successi ottenuti dai medesimi, servirono di lezione e cautela, a quelli che vennero dopo; onde ne’ secoli più illuminati dalle successive Crociate, tutte le nazioni alle molestie e ai pericoli della via di terra quelli del mare anteposero1.

L’entusiasmo che animò la prima Crociata, è avvenimento semplice e naturale. Recentissima la speranza concetta, ignoti i rischi, conformità dell’impresa col genio dominante del secolo; ma ben sono giusto argomento di sorpresa e di commiserazione ad un tempo, e la ostinata perseveranza dell’Europa, a vincere la quale fu senza frutto l’esperienza delle sciagure de’ predecessori; e il reiterarsi di queste sciagure, fattosi quasi fomite alla fiducia di chi le affrontava di nuovo; e sei successive generazioni che a capo chino si precipitavano nell’abisso innanzi ad esse dischiuso; e gli uomini d’ogni stato e condizione, che rischiavano esistenza e averi, coll’unico fine di acquistare o conservare un sepolcro di pietra2, posto

  1. Marino Sanuto mette per principio (A. D. 1321) quod stolus Ecclesiae per terram nullatenus est ducenda; e coll’attribuire a straordinario soccorso celeste il buon esito della prima Crociata, distrugge l’obbiezione, che questa alla massima da esso annunziata opporrebbe (Secreta fidelium crucis, l. II, pars II, c. 11, p. 37).
  2. Ma questo sepolcro era quello di Gesù Cristo, riguardato da’ Crociati, come una cosa preziosissima(*). (N. di N. N.).
    (*): Alla pia osservazione dell’Autore di queste note un’altra ne aggiugneremo, filosofica semplicemente. I Crociati, e massimamente i loro condottieri, non erano dalla sola pietà guidati a queste imprese, ma dal desiderio di conquistare ricchezze e novelli regni, come lo stesso sig. Gibbon ha osser-