Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/396

390 storia della decadenza

ne dissimulò gli insulti, finse non accorgersi delle ostilità, regolò l’imprudente loro imperizia, aperse al coraggio de’ medesimi la strada del pellegrinaggio e della conquista. Ma appena scacciati da Nicea e dalle marittime coste i sultani, allorchè la vicinanza di questi, ritiratisi in Cogni, non atterriva omai i principi di Bisanzo, i Greci si abbandonarono con minore riguardo all’indignazione prodotta in essi dal frequente e libero passaggio de’ Barbari occidentali, che minacciavano la sicurezza dell’Impero e ne insultavano la maestà. Regnarono Manuele Comneno e Isacco l’Angelo ai tempi della seconda e terza Crociata. Il primo di questi sovrani a passioni, sempre impetuose, i sentimenti d’un cuor malevolo, spesse volte congiunse. Il secondo, esempio di codardia e di perfidia, avea così immeritamente come spietatamente punito il tiranno, in luogo del quale erasi posto. Eravi forse un segreto e tacito patto, fra i dominatori di Costantinopoli e il popolo, di distruggere o certamente sconfortare i pellegrini con ogni genere d’ingiurie ed angherie; e questi, per vero, col mancar di prudenza e di disciplina tutti i momenti, ne somministravano pretesti e occasioni. I Monarchi dell’Occidente aveano stipulato, che le loro soldatesche avrebbero trovato negli Stati del greco Imperator e libero passaggio, e vettovaglie, convenevolmente pagandoli; giuramenti e ostaggi aveano da entrambe le parti guarentiti simili patti, e il più povero tra i soldati di Federico, portava con seco tre marchi d’argento statigli per le spese del cammino assegnati. Ma la ingiustizia e la perfidia violarono ogni convenzione, e i ripetuti torti di cui ebbero a querelarsi i Latini, vengono attestati da uno storico