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dell'impero romano cap. lvii 261

tiche costumanze dell’Egitto, obbligò le donne ad un’assoluta prigionia, genere di tribolazione che le querele d’entrambi i sessi eccitò; e tali querele avendolo tratto in maggior furore, fece commettere alle fiamme una parte dell’antico Cairo, gli abitanti della quale città sostennero contro le guardie del Califfo una lotta micidiale che per molti giorni durò. Costui, datosi sulle prime a divedere zelante musulmano, avea fondato e arricchito più collegi e moschee; a spese del medesimo erano stati trascritti in lettere d’oro mille dugento novanta esemplari del Corano, e sterpate per suo ordine tutte le vigne dell’alto Egitto; ma eccesso di vanità lo condusse ben tosto nella speranza di fondare una nuova religione; nè il credito di profeta bastandogli, volle lo riguardassero come immagine visibile dell’Altissimo, che dopo essere nove volte sulla terra apparito, finalmente nella persona reale di Akem agli uomini si dimostrava. Al nome di Akem, Sovrano de’ vivi e de’ morti, ciascuno dovea piegar le ginocchia, e adorare una montagna posta in vicinanza del Cairo, e consacrata ai misterj del culto istituito da questo fanatico. Già sedicimila persone aveano sottoscritta la lor professione di fede, e anche oggi giorno una popolazione libera e guerriera, i Drusi del monte Libano, giurano nella divinità di questo insensato tiranno, persuasi che ancora egli viva1. Nella sua

  1. La religione dei Drusi è nascosta sotto il velo della ignoranza e della ipocrisia. Il segreto della loro dottrina viene comunicato ai soli Eletti che conducono una vita contemplativa. Quanto ai Drusi delle classi comuni, i più indifferenti di tutti gli uomini, si conformarono, giusta le circostanze, al culto