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236 | storia della decadenza |
fiacchimento de’ Greci, furono questi oppressi da un nembo di frecce lanciate dagli squadroni turchi, che producendo le punte della lor formidabile mezza luna, la chiusero alle spalle degl’inimici. Fatto in pezzi l’esercito di Romano, il campo di lui fu saccheggiato. Sarebbe stata vana cura il volere indicare il numero de’ morti e de’ prigionieri. Gli Storici bisantini sospirano una perla d’inestimabile prezzo che andò perduta; e dimenticano dirne che quella fatale giornata tolse per sempre le sue province d’Asia all’Impero.
Fintanto che rimase qualche speranza, Romano non omise prove per riordinare e salvare gli avanzi delle sue truppe, e comunque il centro, ov’ei combattea fosse aperto da tutte le bande, e circondato dai Turchi vincitori, sino al tramontar del sole pugnò col coraggio della disperazione, a capo di quei prodi che al suo stendardo si conservarono fedeli. Ma tutti caddero attorno di lui; il suo cavallo fu ucciso, ferito egli stesso; pure, in tale stato e solo, intrepido si difese finchè oppresso dal numero non fu più padrone di moversi. Uno schiavo e un soldato si disputarono la gloria di farlo prigioniero; il primo d’essi lo avea veduto sul trono di Costantinopoli: il soldato di deformissima figura, era stato
ca, fratello dell’Imperator Costantino (Ducange, Fam. byzant. p. 165). Niceforo Briennio, mentre loda le virtù, e attenua le colpe (l. I, p. 30-38, l. II, p. 53) di cotest’uomo, confessa ciò nonostante l’odio del medesimo contra Romano. ου πανυ δε φιλιως εχον προς βασιλεα non avea dramma d’affetto pel re. Scilitzes narra in più chiare note il tradimento di Andronico.