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dell'impero romano cap. lvii | 231 |
figlio di Arslan, instancabili si mostrarono in tal guerra religiosa, ove pretendeano dai lor prigionieri un’obbedienza spirituale e temporale; e quelli che voleano rimanere fedeli al culto dei lor maggiori, vennero costretti a portare, invece di collane e smaniglie, un ferro da cavallo, qual marchio della loro ignominia. Pure non fu nè sincera, nè universale la conversione de’ vinti; e ad onta de’ trascorsi secoli di servitù, i Georgiani hanno conservata la serie dei loro Principi e de’ loro Vescovi. Ma l’ignoranza, la povertà e la corruttela giungono facilmente a pervertire una schiatta d’uomini, che la natura delle più perfette forme dotò. Non è che di nome la professione loro del Cristianesimo, e soprattutto la pratica del serbato culto; e se liberati sonosi dall’eresia, lo debbono alla somma loro ignoranza che impedisce ad essi il ricordarsi dogmi metafisici quali che sieno1.
[A. D. 1068-1071] Alp-Arslan, lungi dall’imitare la grandezza d’animo reale, od ostentata di Mamud il Gaznevida, non ebbe scrupolo di far la guerra all’Imperatrice Eudossia e ai figli della medesima. Il terrore de’ buoni successi che egli ottenea, costrinse questa sovrana a dar la mano e lo scettro ad un soldato; onde Romano Diogene della porpora imperiale venne insignito. Trasportato questi da zelo di patria, e forse anche da orgoglio, uscì fuori di Costantinopoli; due mesi dopo il suo avvenimento al trono; e al successivo anno,
- ↑ Mosheim, Instit. Hist. eccles., p. 632. V. inoltre nei Voyages de Chardin (t. I, p. 171-174) i costumi e il culto di questa popolazione tanto avvenente e spregevole. La genealogia da’ Principi georgiani incominciando da Adamo, e venendo sino ai nostri giorni, leggesi nelle Tavole del sig. de Guignes (t. I, p. 433-438).