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dell'impero romano cap. lvii 213

dirono essere state giustamente punite Kinnoga, e Dely: ma che i fulmini del cielo avrebbero sicuramente annichilato l’empio Mamud, se al tempio di Sumnad ardia avvicinarsi. Stimolato vie più da cotale disfida il religioso zelo del Sultano, si trasse a far prova delle sue forze contro quelle dell’indiana divinità. Cinquantamila adoratori di essa caddero sotto il ferro de’ Musulmani; scalate le mura, profanato il Santuario, il vincitore percosse colla sua mazza ferrata il capo dell’idolo. Per salvarlo, gli spaventati Bramini offersero, dicesi, un valore equivalente a dieci milioni di lire sterline; e i più saggi fra i cortigiani di Mamud gli dimostravano che la distruzione di una statua di pietra non bastava a cambiare le menti dei Gentù, ma che una somma sì rilevante poteva essere adoperata a sollievo de’ buoni seguaci di Maometto. „Le vostre ragioni, il Sultano rispondea, sono forti e speciose, ma non sarà mai che Mamud comparisca agli sguardi della posterità, come un uomo che ha patteggiato sugl’idoli„. Addoppiò indi i colpi, e la molta copia di perle e rubini usciti dal ventre della statua, diede in qualche modo ragione delle prodighe offerte fatte da sacerdoti per riscattarla. I frantumi dell’idolo vennero spediti a Gazna, alla Mecca e a Medina. Bagdad udì con commozione l’edificante racconto di tale impresa, e il Califfo conferì a Mamud il titolo di guardiano della fortuna e della fede di Maometto.

Obbligatomi a queste sanguinolente discrizioni, di cui così sovente è composta la storia de’ popoli, non posso negare a me stesso il distormene per raccogliere alcuni fiori di scienza e di virtù che in mezzo alle stragi ancor pullularono. Il nome di Mamud, il