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dell'impero romano cap. lvi |
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lazzo vennero impressi. Per servire alle pregiudicate opinioni dei Latini, venne ad essi mostrata una donazione, o vera, o falsa de’ Cesari dell’Alemagna1; ma il successore di Costantino vergognando subitamente di un tale pretesto, fece valere i suoi diritti inalienabili sull’Italia, protestando voler confinati i Barbari di là dall’Alpi. Le città libere, incoraggiate dai seducenti discorsi, dalle liberalità, e dalle illimitate promesse di Manuele loro confederato, perseverarono in un generoso resistere contra il dispotismo di Federico Barbarossa: l’Imperatore di Bisanzo pagò le spese delle rifabbricate mura di Milano, e versò, dice uno Storico, [A. D. 1155-1174 ec.]fiumi d’oro nella città di Ancona confermata nel suo affetto ai Greci dal geloso odio che i Veneziani portavanle2. Il commercio di Ancona, e la giacitura posta nel cuor dell’Italia, la rendeano importante piazza, che le truppe di Federico assediarono per due volte, sempre respinte dal coraggio che dall’amor di libertà viene inspirato. Oltrechè, questo amore mantengano e gli ufizj dell’ambasciatore di Costantinopoli, e gli onori e le ricchezze di cui, come a fedelissimi amici, largiva la Corte di Bisanzo agli Anconitani più intrepidi e più
- ↑ Un Autore latino, Ottone (De gestis Friderici I, l. II, c. 30, p. 734), attesta essere stato finto un tal documento. Il Greco Cinnamo (l. I, c. 4, p. 78) fa valere una promessa di restituzione di Corrado, o di Federico. Una frode è sempre credibile quando viene attribuita ai Greci.
- ↑ Quod Anconitani graecum imperiunt nimis diligerent.... Veneti speciali odio Anconam oderunt. I beneficia e il flumen aureum dell’Imperatore erano la cagione di questo effetto, e forse ancora di una tal gelosia. Il Cinnamo (l. IV, c. 14) conferma la narrazione latina.