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dell'impero romano cap. l | 89 |
fedeltà; e Maometto di bel nuovo promise loro assistenza sino alla morte dell’ultimo di loro, o al totale discioglimento della Lega. Nel campo medesimo ebbe a scorgere con maraviglia il deputato della Mecca quanta fosse l’attenzione de’ fedeli alle parole, e ai sguardi del Profeta, la premura nel raccogliere sia gli sputi sia i capegli che gli cadevano, e l’acqua che serviva alle sue ablazioni; quasi tutte queste cose un grado avessero di profetica virtù. „Ho veduto, diss’egli, il Cosroe della Persia e il Cesare di Roma; ma non ho mai veduto un re così rispettato da’ sudditi quanto lo è Maometto da’ suoi compagni„. Il devoto fervore del fanatismo in fatti si manifesta in guisa più energica e vera che la fredda e cerimoniosa servilità delle Corti.
Ogn’uomo, nello stato di natura, ha diritto d’impiegare la forza dell’armi in difesa della sua persona o delle sue proprietà, di respingere ed anche di prevenire la violenza de’ nemici, e di continuare le ostilità sinattanto che abbia ottenuto una giusta soddisfazione, o che sia giunto a quell’ultimo segno ch’è stabilito per le rappresaglie. Nella libera società degli Arabi, i doveri di suddito e di cittadino non metteano un grave freno, e Maometto, adempiendo una missione di carità e di pace, era stato spogliato e sbandito dall’ingiustizia de’ suoi concittadini. Per l’elezione fattane da un popolo independente, il fuoruscito della Mecca era stato elevato alla dignità di sovrano, e legittimamente avea ricevuta la prerogativa di formare alleanze, e di fare la guerra offensiva e difensiva. Suppliva la pienezza della potenza divina all’imperfezione de’ suoi diritti, e diveniva il fondamento del suo potere: prese egli nelle sue