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si potea da lui diffondere il male in tutte le province dell’Arabia. [A. D. 622] Fu decisa la sua morte, ma si convenne che per dividere il delitto e prevenire la vendetta degli Hashemiti, un Membro d’ognuna delle tribù gl’immergerebbe la spada nel petto. Da un angelo o da una spia fu informato di quella sentenza, nè vide scampo fuorchè nella fuga1. A mezza notte, accompagnato dal suo amico Abubeker, fuggì cheto cheto di casa; attendeanlo i sicari alla porta, ma rimasero ingannati dalla figura d’Alì, che dormiva nel letto dell’appostolo, vestito del suo abito verde. Ebbero rispetto i Koreishiti alla pietà del giovane eroe, ma in alcuni versi d’Alì, che sussistono ancora, abbiamo una descrizione commovente delle sue inquietudini, della sua tenerezza, della sua religiosa fiducia. Maometto e il suo compagno si tennero nascosti per tre giorni nella caverna di Thor, distante dalla Mecca una lega: quando imbruniva la notte, il figlio e la figlia d’Abubeker recavano ad essi i viveri, e le notizie di quel che nella città succedeva. I Koreishiti, che attentamente spiavano per tutti i dintorni, giunsero all’ingresso della caverna; ma la Providenza, dicesi, li deluse con un ragnatelo, e con un nido di colombo che erano situati in modo da persuadere che niuno vi fosse entrato. „Non siamo che due, diceva tremante Abubeker: „un terzo è con noi, rispose il Profeta, ed è Iddio medesimo„. Rallentato che fu alquanto l’ardore delle persecuzioni, uscirono della spelonca i due fuggiaschi, e salirono su i lor cammelli; camminavano alla volta di Me-

  1. D’Herbelot, Bibl. Orient., p. 445. Cita egli una storia particolare della fuga di Maometto.