Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/71


dell'impero romano cap. l 65


Da prodigi strepitosi era stata confermata la missione di Mosè e di Gesù, e gli abitatori della Mecca e di Medina eccitarono più volte Maometto a dare ugual pruova per la sua, a far discendere dal cielo l’Angelo e il libro che diceva d’averne ricevuto; a creare un giardino in mezzo al deserto, o a distruggere la città miscredente con un incendio. Tutte le volte ch’egli si sentia così cimentato da’ Coreishiti, se ne sottrasse, vantando in modo oscuro il dono di visioni e di profezia; se ne appella alle pruove morali della sua dottrina, e si mette a coperto dietro la Providenza, la quale nega que’ segni e quelle maraviglie che scemano il merito della fede, e la colpa aggravano della infedeltà; ma dal tuono modesto, o collerico, delle sue risposte trapela la debolezza e l’imbarrazzo suo, e que’ passi sciagurati non lasciano dubbio veruno intorno all’integrità del Corano1. I suoi Settari parlano de’ suoi miracoli più asseverantemente di lui, e la franchezza della loro credulità va crescendo quanto più son lontani all’epoca e al luogo delle sue imprese spirituali. Credono essi, o assicurano, che andassero gli alberi ad incontrarlo; che fosse salutato da’ sassi; che scaturisse acqua dalle sue dita; che nudrisse miracolosamente i famelici, sanasse gl’infermi, risuscitasse i morti; che una trave mandasse gemiti al suo cospetto; che un cammello gli

  1. V. soprattutto i capitoli 2, 6, 12, 13, 17, del Corano. Prideaux (Vie de Mahomet, p. 18, 19) ha confuso quell’impostore. Il Maracci, che fa maggiore sfarzo di dottrina, ha dimostrato che i passi del Corano in cui si negano i miracoli di Maometto sono chiari e positivi (Alcoran t. I, part. II, p. 7-12), e che sono ambigui e inconcludenti gli altri che sembrano affermativi (p. 12-22).