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dell'impero romano cap. l | 63 |
scritto1. Siffatto argomento fa grande impressione su l’animo di un devoto Arabo inclinato sempre alla credulità e all’entusiasmo, il cui orecchio è sedotto dal solletico de’ suoni, e che per ignoranza è inetto a raffrontare insieme le diverse produzioni dello spirito umano2. Non potrà certamente nè l’armonia, nè la ricchezza dello stile dell’originale passare nelle traduzioni all’udito dell’infedele Europeo. Questi non iscorrerà che con impazienza quella interminabile e incoerente rapsodia di favole, di precetti, di declamazioni che rado inspira un sentimento o un pensiero, che striscia talvolta su la polvere, e talvolta si dilegua per le nuvole. Gli attributi di Dio esaltano l’immaginazione del missionario Arabo; ma i suoi tratti più sublimi son di molto inferiori alla nobile semplicità del libro di Giobbe, scritto nello
- ↑ Corano c. 17, v. 89; Sale, p. 235, 236; Maracci, p. 410.
- ↑ Credeva una Setta d’Arabi che la penna d’un mortale eguagliar potesse o sorpassare il Corano (Pocock, Specimen p. 221, etc.); e il Maracci (polemico troppo duro per un traduttore) mette in ridicolo l’affettazione di rime che si scontra nel passo più applaudito (tom. I, part. II, p. 69-75).
mettani dottori pretendono aver avuto L’Alcorano una derivazione divina, cioè esser venuto da Dio fino all’orbita della luna, dalla quale sia stato ogni versetto rivelato a Maometto dall’angelo Gabriele; ma secondo i migliori critici, il libro fu scritto per la massima parte da Maometto; altri pensano che un certo monaco Sergio, o Bhaira, cristiano nestoriano, sia concorso a scriverlo, tanto più che vi si nega la divinità di Cristo, siccome facevano i Nestoriani, e ne venne un miscuglio delle religioni ebraica, cristiana, ed antica arabica; la morale, nell’amore del prossimo, è simile alla cristiana; potrebbe Maometto averla presa anche dai libri di Confucio, legislator de’ Chinesi; ma non sembra averne avuto contezza. (Nota di N. N.)