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dell'impero romano cap. l 55

satisfa soltanto un credente: una curiosità, ed uno zelo smoderato aveano rotto il velo del santuario, e ciascuna Setta dell’oriente avea premura di confessare che l’altre tutte meritavano il rimprovero di idolatria e di politeismo. Il simbolo di Maometto non dà su questa materia motivo di sospetto, nè di equivoco. Il Profeta della Mecca rigettò il culto degl’idoli e degli uomini, delle stelle e de’ pianeti, per quel ragionevole principio che tutto ciò che si leva dee tramontare, ciò che riceve vita dee morire, ciò che è corruttibile dee guastarsi e dissolversi1. Il suo entusiasmo, regolato dalla ragione, adorava nel Creatore dell’Universo un Essere eterno e infinito che non ha forma, nè occupa spazio, che non ha generato nulla, e a cui nulla si rassomiglia; che è presente a’ nostri più occulti pensieri, che esiste per necessità della sua natura, e che da sè trae tutte quante le sue morali e intellettuali perfezioni. I discepoli del

    in altri luoghi, e specialmente p. 56, il Dio della natura ha posto in tutte le sue opere la pruova della sua esistenza, e ha scolpito la sua legge nel cuore dell’uomo. Perchè mai sembra egli qui opporsi all’idea della Trinità di quest’Essere supremo, siccome fece Maometto, il quale nell’atto che predicava e sosteneva con grande entusiasmo, ed anche coll’armi, contro il politeismo degli Arabi del suo tempo, esservi un Essere supremo, un Dio solo, non ammetteva la Trinità delle Persone, e quindi veniva a negare la divinità di Cristo, ed a riguardarlo soltanto come un uomo ottimo e sapiente, la quale divinità coi motivi della di lei credibilità è il fondamento della credenza dei cristiani? (Nota di N. N.)

  1. Questo sistema d’idee filosoficamente si svolge nell’esempio d’Abramo, che nella Caldea si oppose alla prima introduzione della idolatria (Corano, c. 6, p. 106; d’Herbelot, Bibl. orient., p. 13.)