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gioni della terra, scoprire la debolezza della monarchia della Persia e di quella di Roma, osservare con isdegno e compassione il suo secolo degenerato, e formare il divisamento di unire sotto uno stesso re e uno stesso Dio l’invitto valore e le virtù prische degli Arabi. Più esatte indagini ci avvertono che Maometto non avea veduto le Corti, gli eserciti, i Templi dell’oriente; che consistettero i suoi viaggi nell’attraversare la Siria andando due volte alle fiere di Bostra e di Damasco; che avea soli tredici anni quando accompagnò la caravana dello zio, e dovè ritornare alla casa di Cadijah tosto ch’ebbe spacciate le merci da lei affidategli. Nelle sue corse precipitose e negligenti potè l’occhio acuto del suo grande intelletto penetrare cose invisibili pe’ suoi rozzi compagni: potè quello spirito fecondo ricevere i semi di varie cognizioni; ma l’ignoranza in cui era dell’idioma siriaco avrà poi repressa moltissimo la sua curiosità, e di fatto io non iscorgo nella vita e negli scritti di Maometto che siensi mai allargate le sue mire oltre i confini dell’Arabia. La divozione e il commercio conduceano ogn’anno alla Mecca pellegrini da ogni Cantone di quella romita parte del globo. Per le libere comunicazioni vigenti fra questa moltitudine di persone poteva un cittadino qualunque aver modo di studiare nella lingua nativa lo stato politico e il carattere delle varie tribù, la dottrina e la pratica de’ Giudei e de’ Cristiani. Poteano gli Arabi aver avuta occasione d’esercitare l’ospitalità con alcuni stranieri utili ad essi, colà guidati da genio o da necessità, e i nemici di Maometto nominarono un Giudeo, un Persiano e un Monaco siriaco come