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dell'impero romano cap. liii. | 483 |
gran numero dei commenti, allora pubblicati sui classici greci, è una prova non solo che allora sussistevano, ma che stavano ancora nelle mani di tutti; e due donne, l’imperatrice Eudossia, e la principessa Anna Comnena, che sotto la porpora coltivarono la rettorica e la filosofia1, sono un esempio assai sorprendente della universalità del sapere. Il dialetto volgare della capitale era rozzo e barbaro; si segnalavano con uno stile più corretto, e più elaborato, le conversazioni, o almeno gli scritti degli ecclesiastici e de’ cortigiani, che talora aspiravano alla purità dei modelli dell’Attica.
Nella moderna nostra educazione, lo studio penoso, ma necessario, di due lingue morte, logora il tempo e rallenta l’ardore d’un giovane alunno. Per
- ↑ Anna Comnena ha potuto insuperbirsi della purezza del suo grecizzare ( το Ελληνιζειν ες ακρον εοπουδακυια, studiosissima a cogliere il fiore della lingua greca), e Zonara, contemporaneo ma non adulatore di lei, ha potuto aggiungere con verità γλωτταν ειχεν ακθιβως Αττικιζουσαν, possedette la lingua assolutamente attica. La principessa conoscea bene i Dialoghi dottissimi di Platone, il τετρακτυς o il quadrivio dell’astrologia, la geometria, l’aritmetica e la musica. V. la sua prefazione dell’Alessiade colle note del Ducange.
(Bibliothèque choisie, t. XIX, p. 285) fan cenno, dietro l’oscura testimonianza o le ciarle del volgo, d’un commentario di Michele Psello sulle ventiquattro commedie di Menandro, che sussistevano manoscritte in Costantinopoli. Questi lavori classici non paiono compatibili colla gravità d’un erudito paziente, che sveniva sulle categorie (De Psellis, p. 42), ed è probabile che siasi confuso Michele Psello con Omero Sellio, che avea scritto gli argomenti delle commedie di Menandro. Suida nel duodecimo secolo numerava cinquanta commedie di questo autore; ma trascrive spesso l’antico Scoliasta d’Aristotile.