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dell'impero romano cap. liii. | 481 |
viare qualche ora di esiglio, e forse di solitudine, compose in fretta la sua Biblioteca, monumento di erudizione e di critica. In essa fa la rivista, senza metodo, di duecento ottanta autori storici, oratori, filosofi, teologi; ne espone, in compendio, i racconti, o le dottrine; giudica lo stile e il carattere loro, e cribra anche i Padri della chiesa con una libertà prudente, che spesso traluce in mezzo alle superstizioni del suo secolo. L’imperator Basilio, a cui doleva d’essere stato mal educato, commise a Fozio l’istruire il figlio e successore, Leone il Filosofo; e il regno di questo principe, non che di Costantino Porfirogeneta, figlio di esso, sono una delle più belle epoche della letteratura di Bisanzio. La munificenza loro arricchì la biblioteca imperiale dei tesori dell’antichità, ed essi ne fecero da sè stessi, e coll’aiuto di collaboratori, vari estratti e compendi, che senza annoiare l’indolenza del pubblico, sono atti a ricrearne la curiosità. Oltre i Basilici, o il Codice delle leggi, propagarono col medesimo zelo gli studi della agricoltura e della guerra, due arti intese a nudrire e a distruggere l’umana specie; fu compilata la storia della Grecia e di Roma, in cinquantatre titoli o capitoli; ma non ne giunsero a noi che due, quello delle ambasciate, e l’altro delle virtù e dei vizi. Colà i lettori d’ogni classe vedeano dipinto il passato, poteano far loro pro delle lezioni o degli
st’ultima supposizione, per quanto sembri incredibile, pare assistita dalla testimonianza di Fozio istesso, οσας αυτων η μνημη διεσωζε, di quanti (di quei libri) fece conserva la mia memoria. Camusat (Hist. critiq. des Journaux, p. 87, 94) espone benissimo quanto concerne al myrio-biblion.