472 |
storia della decadenza |
|
noscean tanto i guerrieri d’esserne ignoranti, che volean piuttosto smontar da cavallo e combattere a piedi. Non avendo l’uso delle picche o dell’armi da lanciare, erano impacciati da lunghe spade, da arnesi pesanti, da enormi pavesi, e, se posso ripetere il rimprovero che lor facevano i magri abitanti della Grecia, la grassezza, figlia della loro intemperanza, accresceva difficoltà ai loro movimenti. Non curanti di disciplina, sdegnavano il giogo della subordinazione, e abbandonavano il vessillo del capitano se voleva tenerli in campagna più del tempo determinato pel loro servigio. Erano da tutte le parti esposti alle insidie del nemico, che quantunque men prode era più astuto. Si potea subornarli con danaro, perchè avevano un’anima venale; si potea soprapprenderli notte tempo, perchè non pensavano a chiudere il campo e facean male la sentinella. Le fatiche di una giornata estiva spossavano le loro forze, non che la pazienza, e si davano poi alla disperazione se non potevano sbramare con molto vino e molto cibo il vorace loro appetito. Fra questi caratteri generali della nazion dei Franchi, si osservavano alcune varietà locali che io attribuirei al caso piuttosto che al clima, ma ch’erano comuni agli oriundi e agli stranieri. Un ambasciator di Ottone dichiarò nella Corte di Costantinopoli, che i Sassoni sapean battersi meglio colla spada che colla penna, e che preferivano la morte alla vergogna di volgere il tergo al nemico1. I Nobili della Francia si gloriavano di non avere nei lor mo-
- ↑ In Saxonia certe scio.... decentius ensibus pugnare quam calamis, et prius mortem obire quam hostibus terga dare (Luitprando, p. 482).