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dell'impero romano cap. liii. |
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Franchi; ma la discordia e il tralignamento de’ suoi successori posero ben presto in fondo il suo impero, che avrebbe emulato quello di Bisanzio e vendicati gli affronti fatti a’ cristiani. I sussidi che potea trarre dalle rendite pubbliche, dal commercio e dalle manifatture, impiegati un tempo a pro del servigio militare; gli scambievoli soccorsi che si davano le province e gli eserciti; finalmente, quelle squadre che per lo innanzi guardavano i mari dalla foce dell’Elba sino a quella del Tevere, non facean più timore ai nemici, nè davano più fiducia ai sudditi. Sul principio del decimo secolo, era quasi scomparsa la famiglia di Carlomagno; dalle rovine della sua monarchia erano surti vari Stati nemici e independenti; i Capi più ambiziosi prendeano il titolo di re; al di sotto di loro l’anarchia e la discordia, sparse egualmente in tutti gli ordini, riproduceano per ogni dove l’esempio della lor ribellione, ed i Nobili di tutte le province disubbidivano al sovrano, aggravavano i vassalli, e si teneano in uno stato di guerra perpetuo contro i loro eguali e i vicini. Queste guerre private che sconnettevano la macchina del governo, manteneano lo spirito marziale della nazione. Nell’odierno sistema europeo, cinque o sei gran Potentati, godono almeno nel fatto del gius della spada. Una classe d’uomini che si consacrano alla teorica e alla pratica dell’arte militare, eseguiscono sopra una frontiera lontana le operazioni immaginate nel segreto delle Corti; il rimanente del paese gode allora in mezzo alla guerra la tranquillità della pace, e non s’accorge dei cangiamenti che sopravvengono in proposito se non per l’accrescimento o la dimi-