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468 | storia della decadenza |
reami; ed un Emir d’Aleppo e di Tunisi trovava nei suoi tesori, nell’industria e nell’ingegno dei sudditi il modo di rendere formidabili le sue forze marittime. Troppo spesso s’avvidero i principi di Costantinopoli, che nella disciplina di quei Barbari niun vestigio vedeasi di barbarie, e che se mancavano dello spirito d’invenzione, sapeano cercare e prestamente imitare le scoperte d’altrui. È bensì vero che il modello superava la copia; le lor navi, le macchine e le fortificazioni non erano così ben costrutte, e confessavano, senza arrossire, che Iddio, il quale ha donato la lingua agli Arabi, ha poi formato più delicatamente la mano dei Cinesi e la testa dei Greci1.
Il nome di varie tribù della Germania, stanziate fra il Reno e il Veser, era divenuto quello della maggior parte della Gallia, dell’Alemagna e dell’Italia, e i Greci del pari che gli Arabi appellavano FRANCHI2 i cristiani della chiesa Latina, e le nazioni occidentali che si estendevano sulle sponde ignote dell’oceano Atlantico. Il gran senno di Carlomagno aveva unito ed avvivato il gran corpo della nazione dei
- ↑ Si riscontra la sostanza di questa riflessione in Abulfaragio (Dynast., p. 2, 62, 101); ma non mi sovviene dove io l’abbia trovata nella forma di questa spiritosa sentenza.
- ↑ Ex Francis, quo nomine tam Latinos quam Teutones comprehendit, ludum habuit (Luitprand., in Legat. ad imp. Nicephor., p. 483, 484). L’ampiezza data poi a questa denominazione è confermata da Costantino (De administr. imp., l. II, c. 27, 28), e da Eutichio (Annal., t. I, p. 55, 56) che vissero tutti e due prima delle Crociate. Le testimonianze d’Abulfaragio (Dyn., p. 69) e d’Abulfeda (Praefat. ad Geogr.) sono le più recenti.