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reami; ed un Emir d’Aleppo e di Tunisi trovava nei suoi tesori, nell’industria e nell’ingegno dei sudditi il modo di rendere formidabili le sue forze marittime. Troppo spesso s’avvidero i principi di Costantinopoli, che nella disciplina di quei Barbari niun vestigio vedeasi di barbarie, e che se mancavano dello spirito d’invenzione, sapeano cercare e prestamente imitare le scoperte d’altrui. È bensì vero che il modello superava la copia; le lor navi, le macchine e le fortificazioni non erano così ben costrutte, e confessavano, senza arrossire, che Iddio, il quale ha donato la lingua agli Arabi, ha poi formato più delicatamente la mano dei Cinesi e la testa dei Greci1.

Il nome di varie tribù della Germania, stanziate fra il Reno e il Veser, era divenuto quello della maggior parte della Gallia, dell’Alemagna e dell’Italia, e i Greci del pari che gli Arabi appellavano FRANCHI2 i cristiani della chiesa Latina, e le nazioni occidentali che si estendevano sulle sponde ignote dell’oceano Atlantico. Il gran senno di Carlomagno aveva unito ed avvivato il gran corpo della nazione dei

  1. Si riscontra la sostanza di questa riflessione in Abulfaragio (Dynast., p. 2, 62, 101); ma non mi sovviene dove io l’abbia trovata nella forma di questa spiritosa sentenza.
  2. Ex Francis, quo nomine tam Latinos quam Teutones comprehendit, ludum habuit (Luitprand., in Legat. ad imp. Nicephor., p. 483, 484). L’ampiezza data poi a questa denominazione è confermata da Costantino (De administr. imp., l. II, c. 27, 28), e da Eutichio (Annal., t. I, p. 55, 56) che vissero tutti e due prima delle Crociate. Le testimonianze d’Abulfaragio (Dyn., p. 69) e d’Abulfeda (Praefat. ad Geogr.) sono le più recenti.