|
dell'impero romano cap. liii. |
467 |
sti animali, che si ornavano di tende e di banderuole, ne ingrossavano apparentemente il numero, e cresceano lo sfarzo dell’esercito; ma la figura deforme e il detestabile odore dei cammelli, spargeano spesso la confusione tra i cavalli del nemico. Soffrivano questi soldati il calore e la sete con una pazienza che li rendeva invincibili; ma il freddo del verno agghiacciava i loro spiriti; si conosceva la loro disposizione al sonno, e perchè non fossero sorpresi fra le tenebre, conveniva ricorrere alle precauzioni più rigorose. L’ordinanza di battaglia formava un parallelogrammo di due file profonde e salde, l’una di arcieri, l’altra di cavalleria. Nei combattimenti, sosteneano intrepidamente il più furioso assalto, e generalmente non s’avanzavano alla carica che quando s’erano accorti della spossatezza degli assalitori; ma s’erano respinti o sbaragliati, non sapeano nè riordinarsi, nè rintegrare la zuffa, e ciò che aumentava lo spavento era la credenza, che Iddio si dichiarasse favorevole al nemico. Lo scadimento e la caduta dell’impero dei Califfi confermavano allora questa funesta opinione, e non mancava tra i Musulmani qualche oscura profezia1 che presagiva la sconfitta or dell’uno, or dell’altro esercito. Non v’era più unità nell’impero degli Arabi; ma i suoi brani formavano tanti Stati independenti, che eguagliavano i grandi
- ↑ Luitprando (p. 484, 486) riferisce e spiega gli oracoli de’ Greci e de’ Saracini, dove, secondo l’uso della profezia, il passato è chiaro ed istorico, e l’avvenire oscuro, enimmatico ed inesatto. Secondo questa linea di demarcazione tra la luce e l’ombra, si può per lo più determinar l’epoca di ognuno di quegli oracoli.