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menti, erano per lo più di trecento soldati; e, siccome termine medio tra le linee sopra quattro, e quelle sopra sedici uomini di profondità, la fanteria di Leone e di Costantino si formava sopra una profondità d’otto soldati: ma la cavalleria caricava con quattro di profondità, per questa giustissima considerazione, che la pression dei cavalli di dietro non aumenta la forza dell’urto che si fa nella fronte. Se si accresceva qualche volta del doppio la densità degli ordini della fanteria o della cavalleria, era segno d’una segreta diffidenza che si aveva del coraggio delle schiere solamente destinate allora a spaventare col numero, e disposte a lasciare ad un drappello scelto l’onore d’affrontar le picche e le spade de’ Barbari. L’ordinanza di battaglia sicuramente variava secondo la qualità del terreno, secondo il disegno che si aveva, e secondo il nemico; ma generalmente l’esercito formava due linee e una riserva, e in tal guisa aveva una serie di speranze e di sussidi analoghi al carattere e allo spirito giudizioso dei Greci1. Se la prima linea era respinta, si ripiegava negli intervalli della seconda; e la riserva compartendosi in due divisioni, girava i fianchi per profittar della vittoria o per coprire la ritirata. La regolarità dei campi, e i metodi del camminare, degli esercizi e delle fazioni, gli editti e i libri del monarca Bisantino faceano almeno in teorica quanto può fare l’autorità2. Tanta era la ricchezza del

  1. Si confrontino i passi della Tattica, p. 669, e 721, e il duodecimo col diciottesimo capitolo.
  2. Nella prefazione alla sua Tattica, Leone deplora apertamente la mancanza di disciplina e le disgrazie di quel tempo.