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passeggi trionfali, in tempi fissi o in occasioni straordinarie, si mostrava liberamente agli occhi del pubblico: le cerimonie inventate dalla politica erano collegate a quelle della religione, e le feste del Calendario greco determinavano le sue visite alle principali chiese. Nella vigilia di queste processioni, gli araldi annunciavano la pia intenzion del principe, o la grazia di cui degnava i suoi sudditi. Si scopavano e purificavano le strade, si seminavan i fiori sulle finestre e sui balconi, si esponevano mobili preziosi, vasellami d’oro e d’argento, tappezzerie di seta, e da una severa disciplina era represso e frenato il tumulto della plebe. Precedeano gli ufficiali dell’esercito coi loro soldati, e li seguiva una lunga fila di magistrati e d’ufficiali dell’ordine civile; gli eunuchi e i familiari componevano la guardia dell’imperatore, e il patriarca col clero lo riceveano solennemente alla porta della chiesa. Non si lasciava alle voci grossolane ed alle acclamazioni spontanee della moltitudine la cura di applaudire; erano collocati drappelli di Azzurri e di Verdi in modo conveniente nel luogo per cui passava l’imperatore, e quel furore di questioni, che aveano già scossa la capitale, s’era a poco a poco cangiato in una gara di servitù. Rispondeansi a vicenda gli uni agli altri coi cantici in lode dell’imperatore; i lor poeti e musici dirigevano il coro, e voti di lunga vita1 ed augurii di vittorie erano il ritornello d’ogni strofetta. L’udienza, il banchetto, la chiesa rimbombavano dei medesimi applausi, e, quasi

  1. Πολυχρονιζειν desiderar lunga vita, parola spiegata poi con quella di ευφημιζειν augurar bene (Codin, c. 7, Ducange, Gloss. Graec. t. I, p. 1199).