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dell'impero romano cap. liii. 445

segnatogli; ma questo palazzo era una prigione, e dai suoi rigidi guardiani gli era interdetto ogni comunicazione coi forestieri, o coi nativi del paese. Offerse egli nella prima udienza i donativi del suo padrone, i quali consistevano in ischiavi, in vasi d’oro, e in armi di gran valore. Il pagamento de’ soldati, con ostentazione fatto alla sua presenza, gli diede lo spettacolo della magnificenza dell’impero: egli fu uno dei convitati al banchetto reale1, dove gli ambasciatori delle nazioni erano disposti in ordinanza, e collocati a seconda della stima o del disprezzo che ne aveano i Greci: l’imperatore mandava dalla sua tavola come per gran favore i piatti che egli aveva assaggiati, ed ognuno de’ suoi favoriti ricevette un abito d’onore2. Ogni mattina e ogni sera gli ufficiali dell’ordine civile e del militare andavano al palazzo ad esercitare il loro impiego: il padrone qualche volta gli onorava d’una occhiata o d’un sorriso; dichiarava i suoi voleri con un moto di testa o con un segno: davanti a lui tutti i grandi della terra stavano in piedi umili e silenziosi. Quando l’imperatore facea per la città i suoi

  1. Fra gli altri divertimenti di questa festa, un giovanetto tenne sulla fronte in equilibrio una picca, o pertica, lunga ventiquattro piedi, che portava un po’ al di sotto della sua estremità superiore una spranga di due cubiti. Due altri ignudi, ma coperti alla cintura (campestrati), fecero ora insieme or separatamente diversi scherzi come d’arrampicarsi, di fermarsi, di giocare, di scendere ec. „ita me stupidum reddidit„, dice Luitprando, „utrum mirabilius nescio„ (p. 470). A un altro pranzo si lesse un’omelia di S. Crisostomo sugli Atti degli appostoli, „elata voce non latine„ (p. 483).
  2. Con molta verosimiglianza si fa derivare la parola gala, da cala o caloat, che, in arabo, significa un abito d’onore (Reiske, Not. in cerem., p. 84).