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432 | storia della decadenza |
Michele, prima di ritirarsi in un chiostro, volle ammonire o svelare la prodigalità dell’ingrato figlio, dando un conto fedele delle ricchezze che passavano tra le sue mani. Montava la somma a cento novemila libbre d’oro, e inoltre a trecentomila libbre d’argento, frutto della sua economia e di quella del marito1. Non è men celebre l’avarizia di Basilio di quel che lo sia il valore e la fortuna di lui. Pagò e ricompensò i suoi eserciti vittoriosi senza toccare un tesoro di centomila libbre d’oro (circa otto milioni sterlini), che egli custodiva nelle volte sotterranee del palazzo2. A così fatti cumuli di danaro si oppone la teorica e la pratica dell’odierna nostra politica, e siam più inclinati a calcolar la ricchezza nazionale sopra l’uso e l’abuso del credito pubblico. Pure, un re temuto dai nemici, una repubblica rispettata dagli alleati van seguendo tuttavia queste massime degli antichi governi, e l’uno e l’altra hanno ottenuto il lor fine, che per l’uno era la potenza militare, per l’altra la domestica tranquillità.
Qualunque fossero le somme serbate ai bisogni giornalieri e futuri dello Stato, erano messe in prima linea le spese consacrate alla pompa, e ai piaceri dell’imperatore, nè altri limiti aveano che la sua volontà. I principi di Costantinopoli si scostavano assai dalla semplicità della natura; ma pure, al ritorno della bella stagione guidati dal gusto e dalla
- ↑ V. il continuator di Teofane (t. IV, p. 107), Cedreno (p. 544) e Zonara (t. II, l. XVI, p. 157).
- ↑ Zonara (t. II, l. XVII, p. 225) invece di libbre, usa la denominazione più classica di talenti: stando al senso letterale di questo vocabolo, il tesoro di Basilio, con un calcolo esatto, sarebbe sessanta volte più considerevole.