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424 | storia della decadenza |
Cadmo, Danao, e Pelope che aveano seminato di già su quel fertile suolo i germi della civiltà e del sapere; ma dai selvaggi del Nord furono totalmente sbarbate le reliquie di quelle già isterilite radici. Questa irruzione cangiò la faccia del paese e gli abitatori; perdette il sangue greco gran parte della sua purezza, e i nobili più superbi del Peloponneso ricevettero i nomi ingiuriosi di forestieri e di schiavi. Sotto i regni successivi si potè in parte sgombrar quella terra dai Barbari che la bruttavano; i pochi che vi si lasciarono furono legati da un giuramento di ubbidienza, di tributo e di servigio militare, che poi rinnovarono, e violarono soventi volte. Per una singolar congiuntura, si unirono gli Schiavoni del Peloponneso e i Saracini dell’Affrica ad assediare Patrasso. Erano già agli estremi i cittadini di quella città, e per ravvivarne il coraggio si immaginò di dar loro a credere che veniva in soccorso il pretor di Corinto; fecero essi una sortita così vigorosa che gli stranieri si rimbarcarono, i ribelli si sottomisero, e fu attribuita la vittoria ad un fantasma, o ad un guerriero incognito, che combatteva, si disse, nella prima schiera sotto la figura dell’appostolo S. Andrea. Allora si or-
costume, un ridicolo epigramma. Lo scrittore che ci ha dato alcune epitomi di Strabone, osserva pure Ηπειρον, και Ελλαδα σχεδον και Μακεδονιαν, ηαι Πελοποννησον Σκυθαι Σκλαβοι νεμονται gli Sciti schiavi anche ora spogliano quasi tutto l’Epiro e la Grecia e la Macedonia e il Peloponneso (l. VII, p. 98, ediz. di Hudson). Dodvell, in proposito di questo passo (Geogr. minor, t. II, Dissert. 6, p. 170-191), narra, in una guisa che stanca, le scorrerie degli Schiavoni, e pone nell’anno 980 l’epoca di questo commentator di Strabone.