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dell'impero romano cap. liii. | 423 |
minio del loro legittimo principe e la società dei lor fratelli. Fu accompagnato e addolcito il loro esilio dalle ricchezze mobiliari, che sfuggono alle indagini dell’oppressione, e Costantinopoli accolse nel suo grembo il commercio che abbandonò Tiro ed Alessandria. I Capi dell’Armenia e della Scizia, scacciati dal nemico o dalla persecuzion religiosa, vi furono con ospitalità ricevuti; si diede coraggio a quei che li avean seguìti di fabbricare nuove città e di coltivar le terre deserte; e molti angoli dell’Europa e dell’Asia han conservato e il nome e le costumanze, o la memoria almeno, di quelle colonie. Quelle tribù dei Barbari, che coll’armi alla mano avean fermato il piede sul territorio dell’impero, furono anch’esse a poco a poco ridotte sotto le leggi della chiesa e dello Stato. Quando avessi bastanti documenti per descrivere i ventinove temi della monarchia Bisantina, dovrei per avventura ristringermi alla esposizione di una sola di queste province che desse a conoscere le altre. Per buona sorte posso parlare minutamente di una che più merita attenzione, cioè di quella del Peloponneso, nome che sarà gradevole alla curiosità di tutti i dilettanti delle cose antiche.
Sin dall’ottavo secolo, durante il procelloso regno degli Iconoclasti, alcune geldre di Schiavoni, che precorsero lo stendardo reale della Bulgaria, aveano inondato la Grecia ed anche il Peloponneso1. Erano stra-
- ↑ „Εσθλαβωθη δε πασα η χωρα και γεγονε βαρβαρος„ „fu saccheggiata tutta la provincia e divenne Barbara„, dice Costantino (Thematibus, l. II, c. 6, p. 25) in uno stile tanto barbaro, quanto il suo concetto, a cui aggiunge, secondo il suo