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dell'impero romano cap. lii. 409

ropoli, d’Apamea e di Emeso. L’imperator Zimiscè accampò nel paradiso di Damasco, ed accettò il riscatto d’un popolo sottomesso: questo torrente non fu arrestato che dalla inespugnabile Fortezza di Tripoli, sulla costa di Fenicia. Dopo il regno di Eraclio, appena i Greci aveano veduto l’Eufrate sotto al monte Tauro; Zimiscè passò senza ostacolo questo fiume, e dee lo storico imitare la prontezza con cui sottomise le già famose città di Samosata, d’Edessa, di Martiropoli, d’Amida1 e di Nisibi, antico limite dell’impero nei contorni del Tigri. Era fomentato il suo ardore sempre più dalla smania di insignorirsi dei tesori ancora intatti d’Ecbatana2, nome notissimo e sotto il quale uno storico di Bisanzio ha nascosta la capitale degli Abbassidi. La costernazione dei fuggiaschi avea di già sparso colà il terror del suo nome: ma l’avarizia e la prodigalità dei tiranni di Bagdad

  1. I nomi corrotti di Emeta e di Myctarsin accennano nel testo di Leone Diacono le città di Amida e di Martiropoli (Miafarekin, V. Abulfeda, Géograph. p. 245, vers. Reiske). Leone parlando della prima dice, „urbs munita et illustris„, e della seconda, „clara atque conspicua opibusque et pecore, reliquis ejus, provinciis, urbibus, atque oppidis longe praestans„.
  2. „Ut et Ecbatana pergeret Agarenorumque regiam everteret.... aiunt enim urbium quae usquam sunt ac toto orba existunt felicissimam esse auroque ditissimam„. (Leone Diacono apud Pagi t. IV, p. 34). Questa magnifica descrizione non si confà che a Bagdad, e non è applicabile nè ad Hamadan (la vera Ecbatana, d’Anville, Géograph. ancienne, t. II, p. 237) nè a Tauris, che per lo più si confonde con questa città. Cicerone (pro lege Manilia, c. 4), dà il nome d’Ecbatana nello stesso senso indefinito alla residenza reale di Mitridate re di Ponto.