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394 storia della decadenza

alla spada di Abu-Said; e di Abu-Taher suo figlio; e questi Imani ribelli poterono mettere in campo cento settemila fanatici. Furono sbigottiti i mercenari del Califfo alla giunta d’un nemico che non chiedeva, e non dava quartiere; la diversità di forza e di pazienza, che si osservava nei due eserciti, prova il cangiamento portato nel carattere degli Arabi da tre secoli di prosperità. Tai soldatesche erano in tutti i combattimenti sconfitte; le città di Racca e di Baalbek, di Cufa e di Bassora furono prese e poste a sacco; regnava la costernazione in Bagdad, e il Califfo stava tremante dietro le cortine della sua reggia. Abu-Taher fece una scorreria al di là del Tigri, e arrivò sino alle porte della capitale con soli cinquecento cavalli. Avea Moctader ordinato che si spezzassero i ponti, e il Califfo aspettava ad ogni istante la persona o la testa del ribelle. Il suo Luogo-tenente, fosse timore o compassione, informò Abu-Taher del pericolo, e gli raccomandò di fuggire frettolosamente: „Il vostro padrone, disse al messaggiero l’intrepido Carmatio, ha trentamila soldati: ma nel suo esercito non conta tre uomini come questi„. Poi rivolto a tre de’ suoi compagni, comandò al primo che si immergesse un pugnale nel seno, al secondo che si gettasse nel Tigri, e al terzo che si lanciasse in un precipizio. Essi ubbidirono senza dolersi: „Narrate quel che avete veduto, soggiunse l’Imano; prima della notte il vostro generale sarà incatenato in mezzo ai miei cani„. Avanti la notte appunto fu sorpreso il campo ed eseguita la minaccia. Le rapine dei Carmatii erano santificate dalla avversione che avevano al culto della Mecca; spogliarono una carovana di pellegrini, e ventimila Musulmani devoti furono lasciati perire di fame e di sete tra le sabbie ardenti del