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dell'impero romano cap. lii. |
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atanser, su quel trono ancora rosseggiante del sangue paterno, fu portato in trionfo; ma nei sei mesi di regno, non provò che le angosce d’una coscienza colpevole. Se, come si dice, egli pianse alla vista di una vecchia tappezzeria che raffigurava il delitto e il castigo del figlio di Cosroe; se il pentimento, e il rimorso gli abbreviaron di fatto la vita, ci sarà lecito sentire un po’ di compassione per un parricida, che nel punto della morte esclamava d’aver perduto la felicità di questo Mondo e dell’altro. Dopo quest’atto di tradimento, i mercenari stranieri diedero a lor grado e ritolsero l’abito e il bastone di Maometto, che tuttavia erano gli emblemi del reame; e in quattr’anni crearono, deposero e assassinarono tre Califfi. Ogni volta che eran dominati da timore, da rabbia, da cupidigia, i Turchi afferravano il Califfo pei piedi, e dopo averlo strascinato fuor del palagio lo esponevano nudo al sole ardente, lo battevano con mazze di ferro, e lo forzavano a comprare colla abdicazione qualche momento di ritardo per un destino inevitabile1. Infine si calmò questa tempesta, o veramente prese un altro corso: torna-
- ↑ Per darne un esempio, ecco i particolari della morte del Califfo Motaz: Correptum pedibus pertrahunt, et sudibus probe perculeant, et spoliatum laceris vestibus in sole collocant, prae cujus acerrimo aestu pedes alternos attollebat et demittebat. Adstantium aliquis misero colaphos continuo ingerebat, quos ille objectis manibus avertere studebat .... quo facto traditus tortori fuit, totoque triduo cibo potuque prohibitus .... suffocatus, etc. (Abulfeda, p. 206). egli dice parlando del Califfo Mohtadi: Cervices ipsi perpetuis ictibus contundebant, testiculosque pedibus conculcabant (p. 208).