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dell'impero romano cap. lii. 383

parare i sacri edificii che avean voluto distruggere. Il Papa, seguìto dai cittadini e dagli alleati, andò a prostrarsi e a rendere grazie davanti ai Depositi degli appostoli, e dal bottino raccolto in questa vittoria navale si scelsero tredici archi d’argento massiccio per sospenderli all’altare del Pescatore di Galilea. Finchè durò il suo regno, Leon IV attese a munire e ad ornare la città di Roma. Ristaurò e abbellì le chiese, si valse di ottomila marchi d’argento a riparare i danni sofferti da quella di S. Pietro, e l’arricchì di vasi d’oro, che pesavano dugento sessanta libbre, adorni dei ritratti del papa e dell’imperatore, e contornati di un cerchio di perle. Ma è men degno di onore il carattere di Leone per questa vana magnificenza, che per la cura paterna con cui rialzò le mura di Orta e di Ameria, e raccolse nella nuova città di Leopoli, lontana dalla costa dodici miglia, i dispersi abitanti di Centumcellae1. Per le sue liberalità, potè una colonia di Corsi domiciliarsi colle mogli e coi figli in Porto, città posta alla foce del Tevere, che già crollava, e che egli riparò per essi: i campi e i vigneti di quel territorio furon distribuiti fra i nuovi coloni, e per aiutare le loro prime fatiche diede loro cavalli e bestiami, di modo che quei bravi fuorusciti, spirando vendetta contro i Saracini, giurarono di vivere e di morire sotto il vessillo di S. Pietro. A poco a poco i pellegrini dell’occidente e del settentrione, che venivano a visitare la tomba degli appostoli, avean formato il vasto sobborgo del Vaticano, e, secondo il

  1. Beretti (Chronogr. Ital. med. aevi, p. 106-108) ci ha dato schiarimenti sulla città di Centumcellae, di Leopoli, della città Leonina e delle altre del ducato di Roma.