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bere di Gaeta, di Napoli e d’Amalfi, vassalle dell’impero Greco: alla giunta del Saracini, comparvero le galere di quelle nel porto d’Ostia capitanate da Cesario, figlio del duca di Napoli, giovine guerriero, caldo di valore e magnanimo, già vincitore dei navili degli Arabi. Co’ suoi primarii ufficiali andò al palazzo di Laterano per invito del Papa, che finse accortamente d’interrogarlo sul motivo del suo viaggio, e di ricevere con sorpresa pari alla gioia l’aiuto mandatogli dalla Provvidenza. Il Padre de’ cristiani si trasferì ad Ostia, accompagnato dalle milizie armate di Roma, fece la rivista de’ suoi liberatori e diede loro la benedizione. Gli alleati baciarono i piedi al Pontefice. Ricevettero essi la Comunione con una divozion guerriera, e Leone pregò il Dio che aveva sostenuto S. Pietro e S. Paolo sui flutti del mare, perchè sostenesse la forza delle braccia pronte a combattere i nemici del suo santo nome. I Musulmani, dopo un’orazione simile a quella de’ cristiani, e con pari coraggio, cominciarono ad assalire le navi cristiane, che tennero ferme il lor sito vantaggioso lungo la costa. Pendea la vittoria verso gli alleati, quando la gloria di determinarla col loro valore fu ad essi rapita da subitanea tempesta, che confuse l’abilità dei marinai più ardimentosi. I cristiani erano difesi dal porto, mentre le navi affricane furon disperse e spezzate fra le roccie e le isole d’una costa nemica. Quelle che camparono dal naufragio e dalla fame, venute in balìa de’ loro implacabili avversari non ne ottennero quella clemenza che già non meritavano. La spada e il patibolo liberarono i cristiani da una gran parte di quella pericolosa moltitudine di stranieri; gli altri, posti in catene, furono utilmente impiegati a ri-