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dell'impero romano cap. lii. 377

della porpora imperiale, seguìto da cento navi, da settecento cavalieri, e da diecimila fanti. Questi guerrieri sbarcarono a Mazara, presso le rovine dell’antica Selinune; ma dopo alcune piccole vittorie, i Greci liberarono Siracusa1; rimase ucciso l’apostata nell’assedio, e gli Arabi furono ridotti a mangiar i cavalli. Vennero anch’essi soccorsi da un potente sforzo dei Musulmani della Andalusia; la parte occidentale, che era la più considerevole dell’isola, fu a poco a poco sottomessa, e i Saracini elessero il comodo porto di Palermo per sede della lor potenza navale e militare. Serbò Siracusa per cinquant’anni la fede giurata a Gesù Cristo e all’imperatore. Quando fu assediata l’ultima volta, mostrarono i suoi cittadini un avanzo di quel coraggio, che avea resistito altre volte alle armi d’Atene e di Cartagine. Più di venti giorni stettero fermi contro gli arieti e le catapulte, le mine e le testudini degli assedianti; e avrebbe potuto essere soccorsa la Piazza, se non fossero stati impiegati in Costantinopoli i marinai dell’armata imperiale a fabbricare una chiesa in onore della Vergine Maria. Il diacono Teodosio, non che il vescovo e tutto il clero furono strappati dagli altari, caricati di catene, condotti a Palermo, gettati in una prigione e continuamente esposti al rischio di scegliere o la morte o l’apostasia. Teodosio ha scritto, sopra la sua situazione, un discorso patetico che non è privo d’ele-

  1. La pomposa e interessante tragedia del Tancredi converrebbe piuttosto a quest’epoca, che all’anno 1005 scelto dal Voltaire. Io farò un lieve rimprovero all’autore per avere dato a Greci, schiavi dell’imperator di Bisanzio, il coraggio della cavalleria moderna e delle antiche repubbliche.