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dell'impero romano cap. lii. 371

tagna di malagevole accesso e la riviera di Sangario. Cinque anni dopo questa impresa, salì Haroun sul trono paterno; e di tutti i monarchi della sua famiglia fu quegli che mostrò più potenza ed energia. La sua alleanza con Carlo Magno gli ha data celebrità in occidente, e noi lo conosciamo sin dalla nostra infanzia per la figura che fa continuamente nelle Novelle Arabe. Egli denigrò il suo soprannome di Rashid (il Giusto), con la morte de’ generali Barmecidi, forse innocenti, il che, per altro, non impediva che potesse far giustizia a una povera vedova, la quale, saccheggiata da’ soldati, osò citare al despota negligente un passo del Corano, che lo minacciava del giudizio di Dio e della posterità. Si abbellì la sua Corte della pompa del lusso e delle scienze; nei ventitre anni del suo regno corse più volte le province del suo impero dal Korasan sino all’Egitto. Fece cinque pellegrinaggi alla Mecca; invase in otto epoche diverse il territorio dei Romani, ed ogni volta che questi ricusarono di pagare il tributo, impararono che un mese di devastazioni era più funesto che un anno di sommessione. Dopo la deposizione e l’esiglio della snaturata madre di Costantino, risolvette il suo successore Niceforo d’abolire questa marca di servitù e di disonore. La sua lettera al Califfo alludeva al giuoco degli Scacchi, che s’era di già diffuso dalla Persia nella Grecia: „La regina (diceva egli parlando d’Irene) vi considerava come una torre, e si credeva una pedina. Questa donna pusillanime aveva acconsentito a pagarvi un tributo, il doppio di quello che avrebbe dovuto esigere da un popolo barbaro. Restituite dunque i frutti della vostra ingiustizia, o preparatevi a decidere questa lite coll’ar-