Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/374

368 storia della decadenza

La mitologia d’Omero avrebbe ributtata la severità del lor fanatismo; governavano essi in una neghittosa ignoranza le colonie dei Macedoni, e le province cartaginesi e romane; non v’era più memoria degli eroi di Plutarco e di T. Livio, e l’istoria del Mondo, prima di Maometto, era ristretta ad una breve leggenda sui patriarchi e profeti, e i re della Persia. Forse gli autori greci e latini, in cui è occupata la nostra educazione, ci hanno per avventura inspirato un gusto troppo esclusivo, nè io son sollecito a condannare la letteratura e il giudizio delle nazioni di cui non m’è nota la lingua. So per altro che possono gli autori classici insegnare assai cose, e credo che molto hanno da imparare gli orientali da quelli; mancano specialmente d’una certa dignità temperata nello stile, delle nostre belle proporzioni dell’arte, delle forme del bello visibile ed intellettuale, dell’abilità di delineare esattamente i caratteri e le passioni, d’abbellire un racconto o un argomento, e di comporre regolarmente l’edificio dell’epopea e del dramma1. L’impero della verità e della ragione è sempre presso a poco lo stesso. I filosofi d’Atene

    Roha o Edessa sulla fine dell’ottavo secolo: la sua Opera sarebbe una curiosità letteraria. Ho letto in qualche luogo, ma senza crederlo, che Maometto II traducesse in lingua turca le Vite di Plutarco.

  1. Ho letto con gran piacere il commentario latino di Sir William Jones sulla poesia asiatica (Londra 1774 in 8), che quest’uomo maraviglioso, per la sua cognizione sulle lingue, pubblicò in gioventù. Oggi, che il suo gusto e il suo ingegno sono perfettamente maturi, scemerebbe per avventura un poco gli elogi così caldi ed anche esagerati, che egli dà alla letteratura degli orientali.