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dell'impero romano cap. l 31

erano gli storici e i moralisti del loro secolo; e se partecipavano a’ pregiudizii de’ concittadini, incoraggiavano almeno e premiavano la virtù. Godevano cantando l’unione della generosità e del valore, e ne’ sarcasmi contro qualche tribù spregevole, il più amaro rimbrotto era questo, che gli uomini non sapeano dare, e le donne non sapeano rifiutare1. Ne’ campi degli Arabi si scontra quella ospitalità, che si usava da Abramo, e che si cantava da Omero. I feroci Beduini, terrore del deserto, accolgono, senza esame e senza esitazione, lo straniero che osa affidarsi all’onore di quelli, e porre il piede nelle lor tende. Sono trattati con amicizia e con riguardo. Egli entra a parte della ricchezza o della povertà del suo ospite, e quando ha passato riposo, viene rimesso in via, con ringraziamenti, con benedizioni, e fors’anche con donativi. Danno gli Arabi anche pruove di più generosa cordialità verso i fratelli, e gli amici che sono in bisogno: gli atti eroici che loro meritarono gli encomii di tutte le tribù sono senza dubbio di quelli che trapassavano, anche ai lor occhi, gli angusti limiti della prudenza e dell’uso comune. Si faceano dispute per sapere quale tra i cittadini della Mecca superasse gli altri in generosità: per metterli a la pruova, un giorno si rivolsero a tre di quelli, fra cui erano bilanciati i suffragi. Abdallah, figlio d’Abbas, partiva per un lungo viaggio: avea già il piede nella staffa, quando un pellegrino fattosi a lui dinnanzi gli volse queste parole: figlio dello zio dell’apostolo divino, vedi un viaggiatore, che è miserabile. Abdallah smontò

  1. Sale, Discours prélim., p. 29, 30.