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dell'impero romano cap. lii. 357

Califfi, tanto inutile alla privata lor contentezza, indebolì la forza e limitò l’ingrandimento dell’impero degli Arabi. Non aveano i primi Califfi pensato che a conquiste temporali e spirituali, e dopo aver provveduto al personal loro mantenimento, che alle necessità della vita si restringeva, impiegavano scrupolosamente in que’ religiosi disegni tutta l’entrata. La moltitudine de’ bisogni, e il difetto d’economia impoverirono gli Abbassidi, i quali, invece di darsi tutti a’ grandi pensieri dell’ambizione, consacravano alle ricerche della pompa e dei piaceri le ore, i sentimenti e le forze del loro ingegno. Donne, ed eunuchi usurpavansi le ricompense dovute al valore, e il campo reale era ingombro del lusso della Corte. Uguali costumanze si seguirono dai sudditi del Califfo. Col tempo e nella prosperità s’era calmato il severo loro entusiasmo: cercavan fortuna nei lavori d’industria, gloria nella coltura delle lettere, felicità nella quiete della vita domestica. Non era più la guerra la passion dei Saracini, nè più bastavano lo stipendio accresciuto, le liberalità sovente rinnovate a sedurre i discendenti di quei prodi, che al-

    umana citeranno in aria di trionfo questa confessione, i lamenti di Salomone sulle vanità del mondo (V. il poema verboso ma eloquente di Prior) e i dieci giorni felici dell’imperatore Seghed (Rambler, n. 204, 205); spesso sono smodati i loro disegni, e rare volte imparziale il lor modo di valutarli. Se mi è lecito parlar di me (il sol uomo di cui posso con certezza parlare), i miei giorni felici han superato di molto il piccol numero indicatoci dal Califfo di Spagna, e continuano tuttavia; nè temerò di aggiungere, che il piacere che io provo a comporre quest’Opera ha una gran parte nel conto de’ miei giorni beati.