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dell'impero romano cap. lii. 353

presto gli Abbassidi posero in non cale la moderazione e la semplicità dei primi Califfi, e vollero emulare la magnificenza dei re Persiani. Almansor, dopo aver fatte tante guerre ed innalzato sì gran numero di edificii, lasciò quasi trenta milioni di lire sterline in oro e in argento1, e i suoi figli, sia pei vizi o per le virtù, dissiparono in pochi anni questi tesori. Mahadi, un di loro, spese sei milioni di danari d’oro in un solo pellegrinaggio alla Mecca. Forse per motivi di carità e di divozione fondò cisterne e caravanserai (ospizii) sopra una strada di settecento miglia; ma quella truppa di cammelli carichi di neve che lo seguivano, non potea servir ad altro che a dar maraviglia agli Arabi, e a rinfrescare i liquori e le frutta per la tavola del principe2. Non mancarono i cortigiani senz’altro di colmar di elogi la liberalità d’Almamon suo nipote, che, prima di smontar da cavallo, distribuì i quattro quinti della rendita d’una provincia, vale a dire due milioni e quattrocentomila danari d’oro. Alle nozze dello stesso principe, sulla testa della sposa si seminarono mille perle di primaria grossezza3, ed un lotto di terre e di case

  1. „Reliquit in aerario sexcenties millies mille stateres, et quater et vicies millies mille aureos aureos„. (Elmacin, Hist. Saracen. p. 126). Ho valutato le pezze d’oro per otto scellini, ed ho supposto che la proporzione dell’oro all’argento fosse di dodici a uno: ma non mi fo mallevadore delle quantità numeriche di Erpenio; i Latini non vagliono più dei Selvaggi nei calcoli aritmetici.
  2. D’Herbelot p. 638; Abulfeda (p. 154) „nivem Meccam apportavit, rem ibi aut nunquam aut rarissime visam„.
  3. Descrive Abulfeda, (pag. 184-189) la magnificenza e la liberalità d’Almamon. Il Milton fece allusione a quest’uso orientale: