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346 | storia della decadenza |
come è fama, gli Abbassidi a regnare, fu alla perfine pagato come s’usa nelle Corti per l’ardire avuto di farsi utile. Una nascita ignobile, forse in paese estero, non avea potuto frenare l’ambiziosa energia di Abu-Moslem. Geloso egli delle sue mogli, prodigo delle sue ricchezze e del sangue proprio, non che dell’altrui, si dava vanto con gran compiacenza, e forse per la verità, d’aver data la morte a seicentomila nemici; e tanta era la gravità del suo naturale e della sua fisonomia, che fuor d’un giorno di battaglia non fu mai veduto sorridere. Tra i colori scelti dalle diverse fazioni, il verde era quello dei Fatimiti; gli Ommiadi avevano preso il color bianco, e, come il più contrario a questo, il nero era stato preso dagli Abbassidi. I turbanti e gli abiti di questi erano offuscati da quel tetro colore: due stendardi neri elevati su picche, alte nove cubiti, precedan la vanguardia di Abu-Moslem, e si chiamavano la notte e l’ombra, volendosi con tai nomi allegorici oscuramente indicare un’unione indissolubile, e la succession perpetua della linea di Hashem. Dall’Indo all’Eufrate, fu sconvolto l’oriente dalle contese della fazion dei Bianchi, e dall’altra dei Neri: eran vincitori gli Abbassidi il più delle volte: ma lo splendore di queste vittorie fu scemato per le disgrazie personali del Capo. Scossasi infine da un lungo letargo, deliberò la Corte di Damasco di impedire il pellegrinaggio della Mecca intrapreso da Ibrahim, con luminoso seguito, per raccomandarsi al favor del Pro-
nati al servizio della cucina, ove si consumavano ogni giorno tremila pani, cento agnelli, senza parlare de’ buoi, del pollame ec. Abulfaragio (Hist. dynast. p. 140).