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dell'impero romano cap. lii. 343

quanta, o trecento settantacinquemila Musulmani1, nel mentre che i cristiani non aveano perduto più di mille e cinquecento uomini nella giornata di Tours; ma queste novelle incredibili sono abbastanza smentite da quel che si sa della circospezione del general Francese, il quale temette i rischi dell’inseguire, e che rimandò alle lor foreste i suoi alleati della Germania. L’inazione d’un vincitore è una prova che egli ha perduto assai di forza, e veduto correre molto del suo sangue, e non è tanto il momento della battaglia, ma della fuga dei vinti quello che è segnato da strage maggiore. Nondimeno la vittoria dei Franchi fu intera e decisiva. Eude ricuperò l’Aquitania, e gli Arabi più non pensarono alla conquista delle Gallie, da cui Carlo Martello e i prodi suoi discendenti li respinsero ben presto al di là dei Pirenei2. Fa meraviglia che il Clero, debitore della sua esistenza a Carlo Martello, non abbia canonizzato o per lo meno lodato a cielo il salva-

  1. Son questi i conti di Paolo Warnefrid, diacono d’Aquileia (De gestis Langobard., l. VI, p. 921, ediz. di Grozio) e d’Anastasio, bibliotecario della chiesa Romana (in vit. Gregorii II): parla quest’ultimo di tre spugne miracolose, che rendettero invulnerabili i soldati francesi che le aveano spartite fra loro. Sembrerebbe che nelle sue lettere al Papa si usurpasse Eude l’onore della vittoria; tale è il rimprovero che gli fanno gli annalisti francesi, i quali l’accusano falsamente ancor essi d’aver chiamato i Saracini.
  2. Pipino, figlio di Carlo Martello, ripigliò Narbona e il resto della Settimania A. D. 755 (Pagi Crit., t. III, p. 300). Trentasette anni dopo, fecero gli Arabi una scorreria in questa parte della Francia, e impiegarono i prigionieri alla costruzione della moschea di Cordova (De Guignes, Hist. des Huns, t. I, P. 354).