Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/347


dell'impero romano cap. lii. 341

stare nel suo impeto; sete di ricchezze, e sentimento di gloria addoppiano in essi il valore, e il valore può più dell’armi e del numero. Aspettate sino a tanto che, carichi di bottino, siano inceppati nelle lor mosse. Questi tesori ne divideranno i pareri, e faran sicura la vostra vittoria„. Forse questa sottil politica è un’invenzione degli scrittori Arabi, e forse la situazione di Carlo può attribuire ai suoi indugi un motivo men nobile e più personale, il segreto desiderio cioè, d’umiliare l’orgoglio, e di desolare le province del ribelle duca d’Aquitania. È più verosimile per altro che fossero forzati gli indugi di Carlo, ed alla sua brama contrarii. Ignoti erano alla prima e alla seconda razza, gli eserciti permanenti; dominavano allora i Saracini più che mezzo il reame; e, secondo la rispettiva lor condizione, tanto i Franchi della Neustria che quei dell’Austrasia troppo si dimostrarono sbigottiti, o poco attenti al pericolo che lor soprastava; ed i soccorsi, volontariamente forniti dai Gepidi e dai Germani, avean troppa via da correre per arrivare al campo de’ cristiani. Come tosto ebbe Carlo Martello raunate le sue forze, andò in traccia del nemico, e trovollo nel cuor della Francia, fra Tours e Poitiers. Le sue mosse ben regolate erano state nascoste da una catena di colline, e per quanto pare fu sorpreso Abderamo dall’inaspettato suo arrivo. Con pari ardore marciavano le nazioni dell’Asia, dell’Affrica e dell’Europa ad una battaglia, che dovea cangiare la faccia del Mondo. Passarono i sei primi giorni in iscaramuccie, nelle quali ebbero buon successo i cavalieri e gli arcieri dell’oriente. Ma nella battaglia ordinata, che seguì nel giorno settimo, furono op-