Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/343


dell'impero romano cap. lii. 337

del Profeta il rimanente della Francia e dell’Europa, e tenendosi certo di superare quanti ostacoli potessero la natura o gli uomini opporgli, s’apparecchiò con un esercito formidabile a compiere il decreto da lui dato. Dovette da prima reprimere la ribellione di Manuza, capitano Moro, padrone dei passi più importanti dei Pirenei. Avea questi accettata l’alleanza del duca d’Aquitania; ed Eude, condotto da motivi d’interesse privato o da prospettive d’utilità pubblica, avea conceduta sua figlia, giovanetta di grande avvenenza, ad un Affricano infedele: ma Abderamo con armi più forti assediò le principali Fortezze della Cerdagna, e il ribelle fu preso ed ucciso nelle montagne, e mandata la sua vedova a Damasco per contentare le brame, o più probabilmente la vanità del Califfo. Varcati i Pirenei, Abderamo senza indugiare passò il Rodano e pose l’assedio ad Arles. Volle un esercito cristiano portar soccorso a questa città: nel tredicesimo secolo vedevansi ancora i sepolcri de’ lor capitani, e le rapide onde del fiume trascinarono a migliaia nel Mediterraneo i loro cadaveri. Non ebbe minor fortuna Abderamo dalla parte dell’oceano. Attraversò senza ostacolo la Garonna e la Dordogna, che congiungono le loro acque nel golfo di Bordeaux; ma al di là di questi fiumi, trovò il campo dell’intrepido Eude che avea formato un secondo esercito, e che sofferse una seconda sconfitta, funesta tanto ai cristiani che, per lor confessione, Iddio solo poteva contare il numero dei morti. Dopo questa vittoria inondarono i Saracini le province dell’Aquitania, i nomi gallici delle quali sono piuttosto mascherati che cancellati dalle denominazioni attuali di Perigord, Saintonge e Poitou; Abderamo