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dell'impero romano cap. lii. 321

già molto vecchio il Califfo, e volea godere della sua autorità, e terminare i giorni nella quiete e tranquillità; ma mentre al solo suo nome tremavano i Mori e gli Indiani, era poi la sua reggia e la città di Damasco insultata dai Mardaiti o Maroniti del monte Libano, i quali furono il miglior propugnacolo dell’impero sino al tempo che la sospettosa politica dei Greci, dopo averli disarmati, li confinò in un’altra contrada1. Dopo la sommossa dell’Arabia e della Persia, non rimaneva più alla casa d’Ommiyah2 altro dominio fuorchè i reami della Sorìa e dell’Egitto. Nel suo imbarazzo e nello spavento che provò, s’indusse a cedere sempre più alle premurose domande dei cristiani, e fu statuito il tributo d’uno schiavo, d’un cavallo e di mille pezze d’oro al giorno per tutti i 365 giorni dell’anno solare. Ma non così to-

    tributi (Chronogr., p, 295, 296, 300, 301) che sono, con qualche divario, raffermati dall’istoria araba di Abulfaragio (Dynast., p. 128, ver. del Pocock).

  1. La critica di Teofane è giusta ed espressa energicamente, „την Ρωμαικην δυναστειαν ακρωτηριασας …. πανδεινα κακα πεπονθεν η Ρωμανια υπο των Αραβων μεχρι του νυν„ , „mutilando la dinastia ottomana .... la Romania ebbe a sostenere ogni sorta di mali sotto gli Arabi sino a questi giorni„ (Chronog. p. 302, 303). La serie di quegli avvenimenti si può raccogliere dagli annali di Teofane, e dal compendio del Patriarca Niceforo, p. 22, 24.
  2. Queste rivoluzioni sono scritte in uno stile chiaro e schietto nel secondo volume dell’istoria dei Saracini composta da Ockley (p. 233-370). Non solo dagli autori stampati, ma dai manoscritti arabi d’Oxford ha tratto molti materiali; avrebbe potuto cercare là entro molto di più se fosse stato rinchiuso nella biblioteca Bodleiana, invece d’essere nella prigion della città, destino troppo indegno d’un tal uomo e del suo paese.