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dell'impero romano cap. l | 25 |
Saraceni sopravvisse alla conquista del lor paese; ebbero i primi Califi a soffrire la franchezza ardita e familiare dei sudditi; salivano in cattedra a persuadere e ad edificare la congregazione, e solamente dopo che fu trasferita la sede dell’impero su le rive del Tigri, introdussero gli Abassidi l’altero e magnifico cerimoniale delle Corti di Persia, e di Bisanzio.
Volendo studiare le nazioni e gli uomini, conviene investigare le cagioni che tendono ad accostarli o a disgiungerli, che restringono o estendono, addolciscono o inaspriscono il carattere sociale. Segregati dal rimanente degli uomini, s’abituarono gli Arabi a confondere le idee di forestieri e di nemici, e la povertà del suolo diffuse fra loro un principio di giurisprudenza, che sempre ammisero, e posero in pratica. Pretendono che nel comparto della Terra, gli altri rami della gran famiglia abbiano avuto in sorte i climi ubertosi e felici, e che la posterità di Ismaele, proscritta e dispersa, abbia il dritto di rivendicare, coll’artificio e colla violenza, quella parte d’eredità che le fu ingiustamente negata. Secondo l’osservazione di Plinio, le tribù Arabe sono dedite al ladroneccio del pari che al traffico, assoggettano a contribuzioni o a spoglio le caravane che attraversano il deserto, e sin da’ tempi di Giobbe e di Sesostrinota, furono i lor vicini le vittime di loro 1
- ↑ V. Il primo capitolo di Giobbe, e si rammenti la lunga muraglia di mille e cinquecento stadi eretta da Sesostri co-
belot, e Niebuhr dipingono co’ più vivi colori i costumi e il governo degli Arabi, e che da diversi passi della vita di Maometto pigliano luce queste materie.