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dell'impero romano cap. li. 277

come adesso, possedean la Fortezza di Ceuta, una delle colonne d’Ercole, separata da uno stretto angusto dall’altra colonna che è la punta d’Europa. Rimaneva ancora agli Arabi da conquistare il piccolo Cantone della Mauritania, ma Musa, che altero della vittoria avea investito Ceuta, fu respinto dalla vigilanza e dal coraggio del conte Giuliano generale dei Goti. Si riebbe ben presto da questa disgrazia, e fu tratto d’impaccio da un messaggio inaspettato del duce cristiano, che offeriva ai successori di Maometto la sua persona, la sua spada, e la piazza che comandava, chiedendo il vergognoso onore di introdurre gli Arabi nel cuor della Spagna1. Se si cerca il motivo del tradimento, gli storici Spagnuoli ripetono, giusta una novella popolare, che

  1. Descrive il Mariana la caduta e il risorgimento della monarchia dei Goti (t. I, p. 238-260, l. VI, c. 19-26, l. VII, c. 1, 2). Lo stile di questo storico nella suo nobile opera (Historia de rebus Hispani, libri XXX, Aia 1733, 4 volumi in folio colla continuazione del Miniana) ha quasi il pregio e l’energia degli autori Romani classici, e dal duodecimo secolo in poi si può riposare sulle dottrine e sul giudizio che egli palesa. Ma questo Gesuita non era scevro dai pregiudizi del suo Ordine; come il suo rivale Buchanan, egli ammette e abbellisce le leggende nazionali più assurde. Trascura troppo la critica e la cronologia, e colla sua vivace immaginazione supplisce alle lacune dei monumenti storici. Queste lacune sono considerabili e frequentissime. Rodrigo di Toledo, primo storico Spagnuolo, viveva cinque secoli dopo la conquista degli Arabi: e quanto si sa dei tempi anteriori è ristretto in poche linee aridissime degli oscuri annali, o cronache, d’Isidoro di Badajoz e di Alfonso III re di Leone, da me trovati solamente negli annali del Pagi.