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furono di poi assistiti dal soccorso incerto di molte migliaia di Barbari, affezionati ad essi per una conversione del pari dubbiosa. Difficil cosa sarebbe, e poco sembra necessaria, indicare precisamente la strada delle armi di Akbah. Gli Orientali hanno empiuto l’interno dell’Affrica e di eserciti e di cittadelle immaginarie. La provincia bellicosa di Zab, o di Numidia, poteva armare quarantamila uomini, ma se le attribuirono trecentosessanta città, numero incompatibile collo stato miserabile in cui, o per l’ignoranza o per la trascuraggine degli abitanti, giaceva allora l’agricoltura1; e le rovine d’Erba, o Lambesa, antica metropoli dell’interno di quel paese, non presentano una circonferenza di tre leghe quale le fu supposta. Accostandosi alla costa del mare si trovano le notissime città di Bugia2 e di Tanger3, che furono, per quanto sembra, il limite delle vittorie dei Saraceni. La comodità del porto conserva a Bugia un resto di traffico: dicesi che in tempi più prosperi quella città racchiudesse ottantamila case; il ferro che si ricava, abbondantissimo, dai monti vicini avrebbe potuto ad un popolo più valoroso somministrare gli strumenti necessari alla sua difesa. Si compiacquero i Greci e gli Arabi d’abbellire delle lor favole la situazione lontana, e l’antica origine di Tingi, o Tanger. Ma quando gli ultimi ci parlano delle sue mura di rame,

  1. V. Novairi (apud Otter, p. 118), Leone l’Affricano (fol. 81 retro), che conta solo cinque città ed infiniti casali; Marmol (Descript. de l’Afrique, t. III, pag. 33) e Shaw (Voyages, p. 57-65-68).
  2. Leone l’Affricano, fol. 58; Marmol t. II, p. 415; Shaw pag. 43.
  3. Leone l’Affricano, fol. 52; Marmol t. II, p. 228.