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dell'impero romano cap. li. 263

[A. D. 689] L’invasione cominciata dai Saraceni verso l’occidente fu sospesa per lo spazio di circa vent’anni, sino al tempo che la casa d’Ommiyah, fattosi forte colà, terminò la discordia civile: allora dai gridi degli Affricani stessi fu invitato il califfo Moawiyah. Aveano i successori d’Eraclio ricevuta la nuova del tributo dalla forza imposto ai sudditi della provincia romana in Affrica; ma invece d’aver compassion di quel popolo e di alleviarne la miseria, il gravarono d’un secondo tributo della stessa somma, a titolo di compenso e di ammenda. Invano allegarono gli Affricani la povertà e la totale loro rovina; il ministero di Costantinopoli fu inesorabile; il perchè, disperati, preferirono il dominio d’un sol padrone, e dalle angherie del Patriarca di Cartagine, investito del potere civile e militare, furono indotti i Settari, ed anche i Cattolici, ad abbiurare la religione come pure l’autorità de’ lor tiranni. Il primo Luogo-tenente di Moawiyah si procacciò molta gloria: soggiogò una città ragguardevole, battè un esercito di trentamila Greci, fece ottantamila prigionieri, e colle loro spoglie arricchì gli avventurieri della Sorìa, e dell’Egitto1. Ma il soprannome di vincitor dell’Affrica appartiene più giustamente al suo successore Akbah. Partì egli di Damasco con diecimila Arabi dei più prodi, che

    ritirarono. (Teofane, Chronograph., p. 285, ediz. di Parigi). La sua cronologia è incerta ed inesatta.

  1. Teofane (in Chronogr., p. 293) riferisce le voci vaghe che andavano arrivando a Costantinopoli sulle conquiste degli Arabi all’occidente; e Paolo Warnefrido, diacono d’Aquileia (De gest. Langobard., l. V, c. 13), ci avvisa che a quei giorni mandarono un’armata navale da Alessandria nei mari di Sicilia e dell’Affrica.