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storia della decadenza |
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che gli fu trasmesso. All’avvicinarsi d’un comune nemico rimane sospesa ogni lite domestica; nelle ultime ostilità contro i Turchi, ottantamila confederati assalirono, e rubarono la caravana della Mecca. Marciano alla battaglia forti della speranza di vincere, e si conducono dietro quanto occorre ad assicurare la ritratta. I lor cavalli, e i cammelli, che in otto o dieci giorni possono correre quattro o cinque cento miglia, si dileguano rapidamente davanti al vincitore; le acque occulte del deserto ne eludono ogni ricerca, e le schiere vittoriose son costrette a languire di fame, di sete, di stenti inseguendo un nemico invisibile, che, ridendosi degli sforzi ostili, riposa sicuro in seno all’ardente sua solitudine. Nè solamente le armi e i deserti de’ Beduini ne francheggiano la libertà; essi sono una barriera per l’Arabia Felice, gli abitanti della quale lontani dal teatro della guerra sono snervati dal clima e dall’abbondanza del suolo. Dalle fatiche e dalle malattie furono distrutte le legioni d’Augusto1, nè mai si giunse, fuorchè per mare, a sottomettere l’Yemen. Quando Maometto2 inalberò il suo sacro Ves-
- ↑ Strabone,
l. XVI, p. 1127-1129; Plinio, Hist. nat., VI, 32. Elio Gallo sbarcò presso Medina, e fece quasi trecento leghe nella parte dell’Yemen che giace fra Mareb e l’Oceano. Il non ante devictis Sabeae regibus (Od. I, 29), e gl’intacti Arabum thesauri (Od. III, 24) d’Orazio, attestano l’indipendenza ancora inviolata degli Arabi.
- ↑ Lo stendardo di Maometto non è sacro pel lettore cristiano: questo aggettivo è male applicato ad uno stendardo di un fortunato Capo d’entusiasti, che coll’armi diffusero la lor religione rapidamente in molte, e vaste regioni dell’Asia, e dell’Affrica. (Nota di N. N.)