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dell'impero romano cap. li. 249

vantava una biblioteca: ma se le voluminose opere dei controversisti, Ariani o Monofisiti, andarono daddovero a riscaldare i bagni pubblici1, confesserà sorridendo il filosofo che finalmente avranno giovato qualche cosa al genere umano. Io piango sinceramente altre biblioteche più preziose, che furono avvolte nella rovina dell’impero Romano. Ma quando mi metto seriamente a calcolare la lontananza dei tempi, i guasti fatti dalla ignoranza, e infine le calamità della guerra, ho più maraviglia dei tesori rimasti che dei perduti. Gran numero di fatti curiosi e rilevanti son caduti nell’oblivione; non ci pervennero che mutilate le opere dei tre grandi storici di Roma, e manchiamo d’una quantità di bei passi della poesia lirica, giambica e drammatica dei Greci; ma conviene che ci rallegriamo al vedere che gli eventi e le devastazioni fatte dal tempo abbiano rispettato i libri classici, a cui dal suffragio dell’antichità2 fu decretato il primo posto dell’ingegno e della gloria. I nostri maestri, per l’intelligenza dell’antichità, avean letto e confrontato le opere dei loro predecessori3, nè abbiam motivo di cre-

  1. Afferma Renaudot che furono arse varie versioni della Bibbia, degli Esapli, delle Catenae patrum, de’ commentari ec. (p. 170). Il nostro manoscritto d’Alessandria, se è venuto dall’Egitto, e non da Costantinopoli o dal Monte Atos ( Westein, Prolegomen., ad N. T., p. 8, ec.), avrebbe potuto andare colle Opere consacrate alle fiamme.
  2. Ho letto sovente, e sempre con piacere, un capitolo di Quintiliano (Instit. Orat. X, 1), dove questo giudizioso critico enumera ed apprezza, con giusta bilancia, i vari autori classici, Greci e Latini.
  3. Citerò solamente Galeno, Plinio, ed Aristotele. Il Wot-